La posizione della Cina sulla crisi Israele-Palestina. Da Pechino una lezione di storia sul Medio Oriente
di Stefania Fusero, da Shanghai, 25 ottobre 2023
L’operazione ‘Alluvione al-Aqsa’ lanciata da Hamas il 7 ottobre scorso è il più pesante attacco in termine di vittime israeliane nonché di immagine che lo Stato sionista abbia mai subito nel corso dell’ultimo mezzo secolo.
Il governo israeliano ha reagito con incessanti bombardamenti, l’annuncio di un imminente attacco di terra e il totale blocco della Striscia di Gaza, già sotto il completo controllo di Israele, che non riceverà più acqua, elettricità e cibo. Una catastrofe umanitaria annunciata per gli oltre due milioni di Gazawi, la metà dei quali minori. Contestualmente è aumentato il numero di Palestinesi uccisi dai coloni e dalle forze di sicurezza israeliani in Cisgiordania.
Da parte loro gli Stati Uniti, la UE e il campo occidentale hanno immediatamente espresso la loro condanna di Hamas, quale autore di un immotivato orrendo attacco terroristico, e reiterato il sostegno incondizionato ad Israele, sottolineandone il diritto a difendersi. Inoltre gli USA hanno gettato altro olio sul fuoco dispiegando una impressionante forza militare fra Cipro e Sicilia con l’obiettivo dichiarato di proteggere Israele da eventuali attacchi esterni, ma chi può dire se i veri obiettivi non siano invece Iran e Siria?
Qual è la posizione della Cina sulla crisi in Israele-Palestina?
La Cina, privilegiando la necessità di risolvere la catastrofe umanitaria a Gaza, ha sostenuto due proposte di cessate il fuoco al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una della Russia una del Brasile – a cui gli Stati Uniti hanno invece posto il veto – senza condannare espressamente né Israele né Hamas.
“La soluzione dei due Stati deve essere pienamente attuata affinché la regione raggiunga una vera pace e affinché Israele raggiunga una sicurezza duratura”, ha sostenuto il Ministro degli Esteri Wang Yi, che ha rivelato che l’inviato speciale del governo cinese per le questioni del Medio Oriente visiterà i Paesi della regione nel prossimo futuro per impegnarsi attivamente nella promozione del cessate il fuoco e della risoluzione della situazione.
La Cina chiede inoltre la tempestiva convocazione di una conferenza internazionale più autorevole, influente e di ampio respiro sotto la guida delle Nazioni Unite, per raccogliere il consenso internazionale sulla promozione della pace e spingere per una soluzione globale, giusta e duratura al problema.
Il 13 ottobre scorso, nella conferenza stampa congiunta con l’Alto rappresentante della UE per gli affari esteri Josep Borrell in visita a Beijing, Wang Yi ha inoltre dichiarato: “La questione della Palestina è sempre stata al centro del Medio Oriente e rimane una ferita aperta nel mondo di oggi. La radice di questo problema risiede nella realizzazione, a lungo ritardata, dell’aspirazione del popolo palestinese all’indipendenza e alla statualità, e nelle ingiustizie storiche che ha subito e che devono ancora essere risolte. Proprio come Israele ha il diritto di esistere come nazione, anche i Palestinesi hanno il diritto di fondare il proprio Stato. Il popolo israeliano ha ricevuto garanzie sulla sua sopravvivenza, ma chi garantisce la sopravvivenza del popolo palestinese? La nazione israeliana non è più in uno stato di diaspora, ma quando la nazione palestinese potrà tornare in patria? In un mondo in cui esistono varie ingiustizie, quella affrontata dai palestinesi dura da oltre mezzo secolo, abbracciando più generazioni e causando immense sofferenze. Ciò non può continuare più a lungo.”
In una telefonata con l’omologo saudita, Wang ha successivamente aggiunto che le azioni di Israele sono andate oltre l’autodifesa e dovrebbe invece ascoltare l’appello della comunità internazionale e del Segretario Generale delle Nazioni Unite per fermare la punizione collettiva del popolo di Gaza.
Questo per quanto riguarda la posizione ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, su cui non intendo dilungarmi oltre.
Altri hanno approfondito la questione – rimando ad ottimi articoli apparsi in Socialist China, quali China’s consistent support for the Palestinian people, Ramzy Baroud: China remains committed to its principled stance on Palestine, PFLP leader: we highly appreciate China’s constant support for the just cause of the Palestinian people.
La società civile cinese e Gaza
Qui intendo concentrarmi invece sul modo in cui si stia manifestando il pubblico sentire nell’arena pubblica cinese attraverso media quali Weibo, Bilibili, WeChat, Douyin ecc.
Uno degli argomenti più dibattuti attualmente è, ovviamente, ciò che sta accadendo a Gaza. Se inizialmente molti commenti sottolineavano il diritto a difendersi da parte di Israele, a mano a mano che si moltiplicavano le immagini orrende delle vittime dei bombardamenti indiscriminati su Gaza, crescevano le espressioni di simpatia e solidarietà per i Palestinesi.
Così il 22 ottobre scorso ad Hangzhou, durante l’imponente cerimonia di apertura dei Para-Giochi asiatici, il più grande evento multi sportivo per atleti con disabilità dopo i Giochi paralimpici, all’ingresso della squadra palestinese il numeroso pubblico si è alzato per tributarle una vera e propria standing ovation.
Non sono ovviamente in grado di fare una panoramica del numero e del tenore dei video, interventi e commenti che continuano a moltiplicarsi sui social media cinesi, quindi scelgo di concentrarmi su una video-lezione sulla questione israelo-palestinese messa in rete su Bilibili da Shen Yi, assistente preside della Scuola di relazioni internazionali e affari pubblici della prestigiosa Università di Fudan a Shanghai, professore del Dipartimento di politica internazionale, direttore della Cyberspace Security Association of China. Nell’arco di una settimana il video ha ricevuto oltre 800.000 visualizzazioni.
Il video, dal titolo “Sebbene non si occupasse di relazioni internazionali, Lu Xun ha messo in rilievo le questioni fondamentali di Palestina e Israele” è ovviamente in cinese e non ha sottotitoli. Ne ho scoperto l’esistenza grazie ad un’amica cinese, che mostrandomi l’inizio del video mi chiedeva perplessa perché a Roma avessimo illuminato l’Arco di Tito, costruito per celebrare la sconfitta di Gerusalemme e la distruzione del tempio nel 70 D.C., con i colori della bandiera israeliana.
Alcuni giorni dopo, in modo assolutamente serendipitoso, mi sono imbattuta nello stesso video caricato con sottotitoli in inglese da Sofia Midkiff sul suo canale Smalltownvoice1 e l’ho potuto finalmente guardare nella sua interezza, trovandolo estremamente interessante e sofisticato.
Le bugie scritte con l’inchiostro non potranno mai nascondere la verità scritta con il sangue
L’esordio è spiazzante: mentre gli umani stanno conducendo una vita spensierata e senza problemi, all’improvviso cade un meteorite dal cielo, ne esce un alieno che comincia a minacciarli. Allora reagiscono attaccandolo. È davvero così?
Shen Yi ricorre ad una citazione da Lu Xun per rispondere a questa domanda: se la Cina non verrà distrutta, la storia passata ci ha insegnato che ciò che avverrà in risposta al massacro ci sorprenderà.
Chi è Lu Xun? A quale massacro sta alludendo? Lu Xun (1881-1936) è un celeberrimo scrittore, saggista, poeta, celebrato come l’anima della nazione cinese ed il massacro a cui si riferiva in un articolo intitolato “La rosa priva di fiori II” è quello del 18 marzo 1926, in cui venne uccisa la sua alunna Liu Hezhen.
Dal 1840 la Cina si trovava in uno status coloniale e semicoloniale di oppressione straniera. Il 18 marzo una dimostrazione a Beijing chiese la fine di tutti i trattati iniqui firmati fra la Cina e le potenze straniere. In risposta il governo Beiyang uccise 47 manifestanti e ne ferì oltre 200.
Lu Xun scrisse: Questa non è la fine, questo è l’inizio. Le bugie scritte con l’inchiostro non potranno mai nascondere la verità scritta con il sangue. I debiti di sangue devono essere ripagati con il sangue. Più a lungo si trascinano, maggiori saranno gli interessi pagati.
Attraverso la scelta di partire dal riferimento di Lu Xun ad un episodio storico che è parte della lotta contro l’oppressione coloniale per spiegare la situazione odierna di Gaza, Shen Yi suggerisce che anche la Palestina si trova in una condizione coloniale.
Che è successo dal 7 ottobre 2023 in Israele-Palestina?
L’attacco violento di Hamas si è verificato nel contesto maturato da anni di violenze e sopraffazioni figlie della volontà di impadronirsi della terra ancestrale altrui.
Quando si è verificato l’attacco di Hamas, i Paesi occidentali hanno iniziato ad accendere le luci per mostrare il proprio sostegno ad Israele, fra tutti l’arco di Tito a Roma e la Porta di Brandeburgo a Berlino. “Oggi li illuminano con la stella di David perché sono persone libere, democratiche e rispettose dei diritti umani.” Che cosa conoscono della storia in realtà?
Metti una luce lì, proietta una bandiera nazionale, prima quella ucraina, ora quella israeliana. Molto futile, dappoco, molto irresponsabile. Simili atteggiamenti futili, dappoco e irresponsabili sono comuni fra le odierne élites politiche dei Paesi sviluppati occidentali. In aggiunta ai complicati intrecci della storia, sono atteggiamenti volti a far sì che il problema israelo-palestinese, di cui occorre invece avere una chiara comprensione, rimanga tuttora irrisolto.
Dove risalgono le origini dei problemi del Medio Oriente, in cui la questione israelo-palestinese è centrale?
Il prof Shen Yi individua i seguenti momenti salienti:
1917: le potenze coloniali francese e britannica vogliono impadronirsi dei territori arabi dell’Impero Ottomano. Dopo la separazione, per garantirne il controllo sanno di dover evitare l’ascesa di un nazionalismo arabo unitario in grado di opporsi alla colonizzazione europea. Le tattiche utilizzate sono quelle di favorire artificialmente le divisioni fra un nazionalismo secolare opposto ad uno religioso che rafforzi fra l’altro i conflitti fra sciti e sunniti e di aumentare inoltre la presenza di ebrei per favorire la crescita di conflitti.
1946-47: proposta di due Stati, uno ebraico l’altro arabo attraverso una divisione territoriale ingiusta e iniqua. Da questo schema di divisione territoriale è nato lo Stato di Israele, la cui fisionomia da allora si è trasformata attraverso la guerra. Questo processo di trasformazione dominato dalla guerra è stato permesso e favorito dagli USA e dai Paesi europei, suscitando il risentimento di arabi e palestinesi, portando ad un ciclo continuo di espansione degli insediamenti ebraici e la conseguente riduzione dello spazio vitale dei palestinesi.
anni ’80: Israele individua in Ahmed Yassin, fondatore prima (1973) di un’organizzazione benefica che offriva cure mediche, istruzione, pasti ed altre forme di aiuti a Gaza, quindi di Hamas (1987), una sorta di pedina utile per contrastare la presa di Fatah sulla società palestinese, quindi ne favorisce l’ascesa. Questa storia ci dice che il rapporto di Israele con Hamas è in gran misura simile a quello fra gli USA e Bin Laden/alQaeda, ambedue mostrano la superficialità e l’arroganza di chi crede di avere tutto sotto controllo.
Tutto questo processo storico è contraddistinto dallo stesso tipo di comportamento irresponsabile che caratterizza un adulto immaturo che passa sotto silenzio il male che fa agli altri; quando questi reagiscono urla allo scandalo affermando di essere una vittima innocente e reagisce nuovamente con la violenza, alimentando così un’incessante spirale di odio.
La exit strategy degli USA dal Medio Oriente
Shen Yi allarga quindi la visuale dalla questione israelo-palestinese all’intera regione mediorientale. Quando l’amministrazione Obama decise di perseguire la nuova strategia geopolitica di ‘ritorno all’Asia-Pacifico’, pianificò di disimpegnarsi dal Medio Oriente per concentrarsi invece sulla Cina.
Gli Stati Uniti hanno investimenti in Medio Oriente, quindi devono comunque proteggere i propri interessi strategici nella regione. Come lasciare il Medio Oriente mantenendone comunque il controllo? L’idea fu di trasformare i governi dei Paesi o di un gruppo di Paesi del Medio Oriente modellandoli sul sistema delle democrazie liberali dell’Occidente, in modo da mantenere il controllo della regione senza dover ricorrere alla forza militare.
Hillary Clinton, Segretario di Stato nel governo Obama, individuò il metodo da seguire nella promozione della cosiddetta libertà di Internet tramite il coordinamento della rete e dei social media. Facciamo scendere in piazza le persone di quei Paesi per rovesciare le persone autocratiche che non soddisfino i requisiti degli USA, per introdurre la competizione multipartitica e i sistemi di voto tipici dei Paesi occidentali. Questi Paesi del Medio Oriente, dopo la ‘democratizzazione’ dei concetti politici, dell’ideologia e dei valori, si identificheranno totalmente con gli Stati Uniti e li seguiranno con entusiasmo.
Peccato che questo irresponsabile processo abbia alimentato l’ascesa delle organizzazioni islamiche. Se tradizionalmente la secolarizzazione nel Medio Oriente era stata promossa principalmente da militari e da forti politici laici considerati autoritari dai Paesi occidentali, quando questi vengono fatti cadere o indeboliti, la stabilità della società fra gli strati più bassi della popolazione viene garantita da organizzazioni come la Fratellanza Musulmana.
La destabilizzazione dei governi sgraditi agli USA tramite la cosiddetta ‘libertà di Internet’ ha portato a un’ondata di reazione islamica che ha distrutto un pilastro dell’architettura di stabilità strategica costruita dagli Stati Uniti durante la guerra fredda.
L’altro pilastro, ovvero la forte potenza sunnita dell’Iraq costruita in chiave anti-Iran, era già stato abbattuto dalla guerra scatenata nel 2003 da G.W. Bush.
Resta un’altra potenza sunnita estremamente ricca, l’Arabia Saudita, che l’amministrazione Biden vuole indurre a riconciliarsi con Israele senza risolvere né il conflitto tra Arabia Saudita e Iran, né la questione israelo-palestinese.
Affrontare in questo modo i problemi del Medio Oriente è come volere fare ordine in una pila di libri ammucchiati su uno scaffale.
Invece di cominciare dal libro più in alto per procedere con metodo e pazienza con gli altri sotto, decido di tirar fuori il libro più grande che si trova in fondo. Non mi interessa quanti libri ci sono sopra. Che cosa accadrà a tutti i libri di sopra? A meno che non abbia dei superpoteri, cadranno, giusto? E se la pila di libri è abbastanza alta anche io crollerò insieme al libro.