di Orazio Di Mauro*
L’attesa per l’attacco di terra a Gaza sembra essere giunta alla fine, e parrebbe che gli israeliani, dopo aver bombardato i civili, stiano passando a distruggere Hamas, come avevano scritto il giorno dopo l’attacco del 7 ottobre scorso. Le cose però non stanno esattamente così come il main stream occidentale ce le propina. Si parta dalla semplice constatazione che questa guerra sarà la più lunga di tutta la storia recente del Medio Oriente e sarà terribile, sanguinosa e prolungata nel tempo. Non è un segreto per nessuno che Israele non possa mantenere tanti soldati in armi senza che la sua economia crolli. Non a caso, già forze speciali USA sono sul terreno e cresceranno sempre più. Lo scopo è sostituire le forze dello stato ebraico quando esse, logore da mesi di guerra, saranno non facilmente avvicendabili, pena il crollo della società israeliana. Insomma, fra qualche mese il dilemma per le élite israeliane sarà o mando gli uomini al fronte o li mando a lavorare. Ecco perché gli USA sono accorsi a sostenere Tel Aviv. Non è escluso che l’Europa sarà chiamata a fare la sua parte. Già qualche paese sta collaborando, non escluso il nostro. Le forze israeliane stanno cercando di tagliare in due la striscia di Gaza. Se si pensa di distruggere così Hamas si tenga presente che la Gaza sotterranea è stata colpita solo superficialmente e le decine di chilometri sottoterra saranno difficilmente sezionabili dalle truppe dell’IDF. Gli israeliani hanno invaso la parte settentrionale di Gaza, ovviamente pagando un prezzo alto di combattenti. I bombardamenti nei centri abitati, tanto voluti dalla dirigenza politica israeliana, hanno creato una situazione militare ben conosciuta. Troppe macerie, anche di grandi dimensioni, renderanno quasi impossibile l’avanzata dei carri armati costringendo alle forze di fanteria attaccare sul terreno Hamas. Un po’ come si sono svolte le battaglie di Mariupol e Bakhmut in Ucraina.
Il bombardamento a tappeto del nord di Gaza se ha cancellato dalle future mappe i centri abitati trasformandoli in un cumulo di macerie non ha reso l’attacco di terra più facile. I motivi sono presto detti. Le uscite dai tunnel di Hamas sono il vero incubo per gli israeliani. Essi, temendo che i miliziani di Hamas possano uscire dai tunnel alle spalle delle proprie truppe, hanno distrutto più che potevano nella speranza di ostruire l’uscita dei tunnel nei centri abitati. Che ci siano riusciti è possibili in un numero limitato di uscite, ma i tunnel non hanno una sola uscita: ve ne sono tante e molte sono quelle poste nei centri abitati. Come ha dimostrato il reporter di Russia Today, che è entrato e uscito ed è rientrato dalla città sotterranea a Gaza. Rimane il fatto che le perdite israeliane non sono mai dichiarate dallo stato ebraico, che per scelta politica dal 1948 non emette bollettini nei quali elenca le proprie perdite di uomini e materiali. Comunque, chi volesse capire ciò che accade deve partire dal fatto che ad oggi siamo in presenza di battaglie israeliane di ricognizione e il comando militare cerca di sondare le capacità di Hamas, che non ha nessuna intenzione, allo stato delle cose, di mostrare la propria forza, frenando le prime scorribande dell’IDF.
Uno spiraglio sulle condizioni dell’esercito israeliano si può vedere da alcune dichiarazioni del comandante dell’84a Brigata di risposta rapida sotto il comando del colonnello Elad Moror, che ha subito ammesso le perdite maggiori durante una ricognizione. Non bisogna ignorare le forze di deterrenza terrestri, in special modo i marines. Infine, che l’intrusione israeliana a Gaza sia solo una mossa preliminare lo si evince dalle dichiarazioni di Seth Franman: egli ha detto che come gli investimenti israeliani in tecnologia di difesa non hanno fermato l’attacco del 7 ottobre, così l’invasione della Striscia di Gaza non sarà possibile senza pagare un prezzo altissimo di uomini e mezzi. Israele non è nella posizione di combattere per mesi e per di più su più fronti. Non può tenere a lungo né dal punto di vista materiale né morale. Non a caso nel paese si susseguono le richieste di dimissioni di Netanyahu. Hamas deve solo resistere e aspettare: presto o tardi gli USA dovranno prendere una decisione, se combattere o chiudere la faccenda, e l’irruzione di alcuni pacifisti al Senato annuncia un anno di campagna elettorale che spaccherà il paese e non consentirà ad esso un’unità di comando.
Per quanto riguarda la posizione di Hezbollah e lo Yemen del nord in mano agli Houthi. Si tenga presente che queste forze dipendono direttamente dall’Iran, non come Hamas che è autonoma e ha una sua propria politica. Le scaramucce nel nord del Libano e i missili lanciati dagli Houthi dicono solo che l’Iran c’è e non abbandona la causa palestinese. Teheran ha rinforzato le sue forze in Siria ed Israele è caduta in una ben studiata trappola. Ha bombardato gli aeroporti siriani di Damasco e Aleppo per ostacolare il dispiegamento delle forze iraniane. La risposta qual è stata. Semplice: la Russia ha concesso l’utilizzo della Base aerea russa di Chmejmim in Siria per lo sbarco di uomini e mezzi iraniani in Siria. Di fatto, oggi la Russia controlla e può regolare le forze iraniane nel paese. Veramente un colpo da maestro di Tel Avviv. Ciò la dice lunga cosa ci aspetta nei mesi a venire da questa, siatene certi, lunga guerra.
Rimane un pericolo che potrebbe inverarsi. Quello che se le perdite israeliane fossero eccessive e non si venisse a capo della distruzione di Hamas a Gaza, a Tel Aviv qualcuno potrebbe decidere di usare una o due bombe nucleari tattiche di bassa potenza ma efficaci per devastare i tunnel di Gaza. Non vi è certezza, ma il pericolo esiste. Vedremo. Ma ricordatevi una cosa: l’uso di armi chimiche è un crimine di guerra e chi lo facesse sarebbe un criminale la cui condanna all’ergastolo sarebbe certa. Diversamente, l’uso dell’arma atomica non lo è e non è mai stata vietata da nessuna convenzione o accordo.
* Esperto e studioso di questioni politico-militari, in special modo relative al XX e XXI Secolo.Del Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo”